Protagonista è il fiume: il Borgo con la chiesa dell’Angelo, il Castello di difesa, il Ponte Romano, la “barca”, i mulini, la centrale elettrica.
Come in molte altre frazioni del tuderte, il territorio di Montemolino ha zone pianeggianti e collinari, ma in più possiede un particolarissimo costone roccioso, a picco sul Tevere!
Questo avamposto naturale chiude il territorio di Todi con la sponda sinistra del fiume, di fronte a Monte Castello di Vibio. Contempalre ed ascoltare il Tevere in questo punto è esperienza unica. Per decine di secoli via d’acqua interna con sandoli, chiode, navicelli e barche, ha approvvigionato Roma di alimenti… Il ponte di Montemolendinum… è citato da Quirino colono nell’assedio di Porsenna a Todi. Nel I secolo a.C. è documentato in questo luogo l’insediamento della Gens Aufidena.
Re Desiderio e Papa Paolo I qui fissano il confine del territorio tuderte, 757 d.C.
Il ponte è luogo di scontri e distrutto, poi ricostruito, nel 1190 e 1282. Nella battaglia del 1310 la vittoria dei Perugini si completa con il trasferimento dei conci a Corciano, dove ostentare la realizzazione delle mura come trofeo di guerra: il ponte così smontato non verrà più rialzato. Per vederne traccia bisogna aspettare le secche estive!
Furono autorizzate “barche” tirate da funi (e gabelle a favore di Todi e Monte Castello). Doveva esserci quotidiana tensione se le donne di Montemolino una notte tagliarono il canapo alla barca di Monte Castello… Era il tempo dello Stato Pontificio. La cura dei luoghi, il censimento, il primo catasto… tutto per volontà del Papa.
I toponimi: San Lorenzo, San Valentino, San Cristoforo, San Nicolò… e territorio di continui scontri tra Guelfi e Ghibellini!
Proprio nella piazza interna al Castello, il 16 Agosto 1496, veniva firmata da Agamennone Stefanucci, Signore del luogo e rappresentante dei Guelfi, la pace con gli avversari Cristoforo Leoni e Nicola Todeschini, per i Ghibellini.
Di poco anteriore è l’affresco, all’interno e sopra la porta, realizzato per voto su incarico di “Messer Francesco salvato dalle acque”.
Sul costone stretto, sinuoso e lungo, il Castello sta a difesa del transito sul fiume, più indietro la Comunità sta arroccata sotto la chiesa, sul versante a Sud, tra gli ulivi, limoni, melograni, e fichi d’India.
In basso, dove prima la forza delle acque azionava i mulini, il fiume, opportunamente convogliato e frenato, aziona turbine che producono energia elettrica.
Vicino, su isolotti verdi o in punti per intenditori, pescatori pazienti e contemplativi lanciano l’amo.
Testo: Anna Maria Ferri
Si ringrazia: Associazione Culturale Matavitatau